mercoledì 23 novembre 2011

Storia del suicidio annunciato di un nano da giardino

Era bello come il sole lui (si fa per dire, ovvio).
Certo, si vestiva un po' così, con quello stile tipico dei nani da giardino: sempre con quel cappello scolpito in testa, quella magliettina rossa che gli tirava anche un po' sui fianchi ... inoltre non è che sorridesse poi sto granchè ... gli avevano dipinto una specie di smorfia al posto delle labbra, ma tutto sommato aveva un suo fascino.

Appena arrivato non aveva avuto vita facile, dato che il gattone di casa aveva subito cercato di farlo fuori.
Non avevo fatto in tempo ad appoggiarlo accanto alla porta dell'ingresso (ancora dentro il sacchetto lui, ancora col cappotto addosso io) che Zeta ci si era fiondata dentro e con un movimento decisamente poco felino l'aveva praticamente fatto a metà. S T O C. Completamente segato in due, all'altezza della cintura, ma un bel giro di colla dato alle tre del mattino mi aveva permesso di rimetterlo in piedi.

Diciamo che aveva cercato fin da subito di attirare l'attenzione. Pure il nano da giardino narciso mi scelgo.

Gli avevo trovato quindi posto vicino alla portafinestra, faccia rivolta al balcone. La sagoma di lui che guardava fuori mi faceva sempre sorridere.


Presenza silenziosa, tutto vedeva e tutto capiva.
Tanto che al momento di un mio trasferimento in altra città, altra provincia, altra casa, ha pensato bene di lanciarsi dal sacchetto in cui era stato messo con cura e di suicidarsi.

Si è frantumato in mille pezzi in un parcheggio, a pochi passi da quella che sarebbe stata la sua nuova casa.
Quando dico che si è suicidato, intendo dire che si è praticamente lanciato fuori come se avesse avuto vita propria. Ho anche cercato in maniera abbastanza patetica, inginocchiata sull'asfalto, di radunare i pezzi e di ricomporli, mentre recitavo come un mantra "perchè l'hai fatto? perchè l'hai fatto?".
"Ma cosa fai? non vedi che è SOLO un nano da giardino?" mi schernisce una voce alle mie spalle.

Ecco. LUI, il nano, molto prima di me aveva capito che quella che stavo facendo era un'enorme ed impareggiabile cazzata. Ora col senno di poi lo posso urlare a gran voce.

Mi piace pensare che abbia cercato in qualche modo di avvertirmi, certo a modo suo, uscendo di scena in maniera teatrale e senza ripensamenti. O semplicemente non voleva avere rotture di palle, facendosi testimone della mia futura autodistruzione. 

Ora che ci penso non mi sono mai chiesta quale dei sette nani fosse. Ma poco importa. Per me di nano ce ne sarà sempre uno solo.




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