martedì 25 ottobre 2011

Amarcord

Vagone trenitalia, una sera come tante. 
Piove. 
Quindi calca di gente con ombrelli, sacchetti, borse e borsette. 
Sembriamo tanti sacchi di farina appena usciti dal mulino, ammassati gli uni contro gli altri. Ma senza polvere e profumo di pane.

Mi guardo intorno, tanto non ho lo spazio fisico nè per tirare fuori l'Ipod nè per sfrucugliare il Blackberry.  
A 30 centrimetri da me ho una ragazzetta vestita di tutto punto, con tanto di orecchini di perla ai lobi. Quanta grazia, quanta eleganza trasuda dalla sua crocchia sulla nuca. Un'aura sembra pervaderla. Assomiglia a una delle ballerine di Degas. Così perfetta ed eterea, nonostante la tarda ora, la pioggia, la calca, le borse e compagnia bella. Peccato che da sola distrugga questa visione celestiale aprendo bocca e berciando sguaiata con una signora posizionata a venti metri di distanza, incurante di chi le sta in mezzo.

Volto lo sguardo e vedo un ragazzetto piò o meno della sua età. Stessi anni, ma lontanissimo miglia e miglia dalla ragazza-chignon. Cappello da baseball lasciato in bilico sulla testa e messo anche un po' di sbieco; catenazza al collo degna di 50 cents; modi da sbruffone, musica a palla che trasborda dalle cuffiette (ma come fa a non rischiare la sordità all'istante?) e una tuta così traslucida che pensavo potesse prendere fuoco sotto i faretti al neon della carrozza.
 
Ecco, adesso mi vengono in mente considerazioni da vecchia zia sulla sedia a dondolo con l'uncinetto in mano. Che sfigata che sono.
Mi viene naturale considerare quanto noi fossimo diversi alla loro età. Innanzituto non avevamo grandi possibilità di manovra nel modo di porci, di distinguerci (cosa che invece i ragazzi di oggi sanno fare perfettamente). 
Quando io avevo la loro età, riducendo tutto ai minimi termini, posso dire che potevi "essere" solo tre cose: 

a) potevi far parte dei punkettoni-rocckettari tutti borchie e chiodi
b) dei paninari, con i loro piumini imbottiti, i risvolti colorati e le Timberland
c) oppure non potevi permetterti niente di tutto ciò, un po' per costo, un po' per genitori tradizionalisti, e quindi non eri niente: ti confondevi semplicemente sullo sfondo. E ti sentivi pure un po' sfigato.


Ecco, adesso piove e c'ho pure la nostalgia dei giri in bici sulla graziella seduta in piedi sul sellino posteriore. O dell'odore dei quaderni il giorno stesso che andavi dal cartolaio ad acquistarli. Già, perchè al massimo li compravi all'Esselunga, ma niente centri commerciali o robe così. O della copertina adesiva del Cioè, che mi son sempre chiesta a che cavolo servisse adesiva: mai trovato nessuno che ne facesse uso.

Colpo di scena! Scopro che Cioè  è ancora in edicola. E la mia giornata inizia a fischiettare manco avesse fra le labbra una Melody Pops!





mercoledì 19 ottobre 2011

Scusa, che stai leggendo?

Fra le tante devianze mentali che mi appartengono, una su tutte è quella di farmi i fatti degli altri, soprattutto quando si tratta di letture.

Ecco, da questo punto di vista sarebbe estremamente facile riconoscermi nella folla: sono quella che si aggroviglia pur di leggere il frontespizio o il dorso del libro del tipo o della tizia che mi stanno seduti davanti.
Di solito la tecnica è questa.
Assumo un'aria del tutto indifferente e mi avvicino. Se il lettore/la lettrice si volta verso di me o alza lo sguardo dal volume, tendenzialmente sorrido. E sbatto le ciglia.
Certo, sarebbe senza dubbio più veloce e richiederebbe meno dispendio muscolare fare la domanda diretta "scusa, posso vedere cosa stai leggendo?".


Ma la domanda diretta, a parte la questione un filo "intrusiva" nei confronti di perfetti sconosciuti, non mi permetterebbe di fare tutta una serie di considerazioni che invece ne derivano dalla semplice osservazione.

Prima ovviamente cerco di capire se riconosco il libro e, di conseguenza, se l'abbia o meno letto (o se sia nella wish list).

Del tipo: "ma glielo avranno regalato?"
"ma se lo sarà comprato da solo?"
"ma se l'è scelto perchè conosce l'autore e voleva leggere proprio quello, o perchè la copertina, ad esempio, l'ha attratto all'acquisto?"

 "Gli piace?"
"Lo consiglierebbe a qualcun'altro?"

e via dicendo, dritti verso il delirio.

Eh, lo so, ma è più forte di me. Spero sempre che l'espressione di chi legge o la copertina stessa mi aprano nuove frontiere, mi diano nuovi spunti. Che mi facciano venir voglia di comprare un autore diverso da quelli che di solito mi trovo a leggere.

Quindi, in sostanza, se domani o un giorno qualsiasi vedrete qualcuno che vi sbircia di sottecchi per vedere che cosa state leggendo, anticipatelo, e sorridetegli per primi.

lunedì 17 ottobre 2011

London's calling me

Ciclicamente Londra mi chiama: ciclicamente, se posso, ci accorro.

Londra è la mia città per antonomasia.
In un'altra vita, con tutta probabilità, ero un'anglosassone (magari un filo disadattata), a piede libero per la capitale.
Molto spesso mi è capitato, girovagando a naso in sù a destra e a manca, di sentirmi a mio agio; probabilmente ho una natura randagia, sotto sotto. 

Ma mai come a Londra è  forte la sensazione di sentirmi esattamente nel posto dovrei avrei dovuto e voluto essere. Appena rientro, mi sento persa. Davvero. Che cosa strana questa qui. Forse forse dovrei davvero pensarci, a trasferirmi lassù. 


mercoledì 12 ottobre 2011

Qualcosa da dire

Sarà, ma per mettere in piedi un blog e far si che non muoia di inedia ci vogliono abilità e competenza. Non basta prendere un bel contenitore (una bella foto, caratteri accattivanti, effetti psichedelici) e buttarci dentro pensieri qua e là: servono impegno, costanza e, soprattutto, qualcosa di intelligente da dire. 

Io ci ho già provato a "tenere" un blog. E lo ammetto, non ne sono stata capace. A volte mi sembrava di dire cose troppo mie, troppo intime, altre invece non avevo voglia di dire un bel niente ed altre ancora mi sembrava di non aver, sinceramente, nulla di particolarmente intelligente da esprimere. 

Forse è l'aspetto pubblico, la stessa motivazione che ti spinge a gettare nell'etere quello che pensi, a bloccarti poi. O per lo meno, per me è stato così.

Va da sè che ci vuole una buona dose di egocentrismo se pensiamo di avere qualcosa da dire in più degli altri, o semplicemente crediamo che "gli altri" abbiano voglia di mettersi a leggere quello che scriviamo. 


Occhei, sta volta ci riprovo davvero. Ho da poco un nuovo taglio di capelli, ho comprato un nuovo profumo, e magari questa è la volta buona per dar vita al cambiamento.  A questo punto direi che sono attrezzata, mi resta da vedere se ho, sinceramente, qualcosa da dire.